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![]() ISRAELE Stato del medio Oriente. Con la proclamazione dello Stato di Israele (14 maggio 1948) si realizzò l'obiettivo del sionismo politico formulato mezzo secolo prima da Theodor Herzl. LA CREAZIONE DELLO STATO. Lo stato ebraico, immediatamente riconosciuto da Usa e Urss, superò con successo la Prima guerra arabo-israeliana (1948-1949), al termine della quale si trovò in possesso di un'area superiore a quella prevista dal piano di spartizione dell'Onu, ma inferiore a quella rivendicata nel promemoria presentato dall'Organizzazione sionista mondiale alla conferenza della pace di Versailles nel 1919 (comprendente, oltre a tutta la Palestina, anche il Libano meridionale con Tiro, Sidone e il corso meridionale del Litani, le sorgenti del Giordano sul monte Hermon e la sua valle fino alla periferia di Amman, nonché il territorio egiziano a est della linea congiungente el-Arish a Sharm esh-Sheikh nel Sinai). Il governo provvisorio guidato da D. Ben Gurion costituì l'organo esecutivo del nuovo stato. Nel gennaio 1949 si svolsero le prime elezioni alla Knesset, che elesse Chaim Weizmann capo dello stato; prima preoccupazione del governo fu l'abolizione di qualsiasi ostacolo all'immigrazione che venne incoraggiata da due leggi fondamentali (1950 e 1952). La prima (Legge del ritorno) riconosceva d'ufficio la cittadinanza a qualsiasi ebreo arrivato in Israele, mentre la seconda introdusse criteri restrittivi per la concessione della cittadinanza agli immigrati non ebrei. Grazie a questi provvedimenti la popolazione ebraica di Israele raddoppiò nel giro di tre anni; per il suo assorbimento vennero utilizzati anche i 300 mila ettari circa di terre "abbandonate" dagli 800 mila palestinesi arabi costretti all'esodo, che furono incamerate dal Fondo nazionale ebraico. I rapporti con i paesi arabi (formalmente regolati da una serie di armistizi conclusi nel 1949) restarono tesi e furono caratterizzati dal susseguirsi di operazioni di guerriglia e di rappresaglie israeliane. L'ISOLAMENTO INTERNAZIONALE. Il boicottaggio economico decretato dagli arabi riuscì d'altra parte a privare Israele di forniture alimentari a buon mercato e di un potenziale sbocco alle sue esportazioni. Ciò rese inevitabile una crescente dipendenza, non solo economica, dall'Occidente: agli Stati Uniti, che erano già al primo posto tra i fornitori di aiuti pubblici e privati a fondo perduto, si affiancò negli anni cinquanta e sessanta la Repubblica federale di Germania, che accettò di versare a Israele più di tremila miliardi di lire a titolo di risarcimento per le stragi naziste. Alla Francia e alla Gran Bretagna lo stato ebraico poteva invece offrire una valida contropartita: la propria alleanza nell'aggressione del 1956 all'Egitto, nota anche come la seconda guerra arabo-israeliana che fu duramente condannata non soltanto dall'Onu e dall'Urss, ma anche dagli Stati Uniti. Gli anni cinquanta furono gli anni più difficili della storia di Israele. La sconfitta politica seguita alla vittoria militare venne neutralizzata soprattutto per merito del ministro degli Esteri Abba Eban che riuscì a togliere il suo paese dall'isolamento in cui l'aggressione l'aveva relegato. In cambio della restituzione del Sinai Israele ottenne l'apertura del golfo di Aqaba, l'invio di un contingente dell'Onu a fungere da barriera contro le infiltrazioni di guerriglieri e, soprattutto, la garanzia che gli Usa non si sarebbero opposti a reazioni israeliane determinate da eventuali violazioni del nuovo assetto. Quest'ultimo punto rese politicamente possibile l'attacco preventivo che fruttò a Israele la vittoria nella guerra del 1967. I rapporti con gli Stati Uniti, divenuti sempre più stretti, consentirono non soltanto la sopravvivenza economica dello stato israeliano, ma anche il suo ingresso nella cerchia dei paesi dotati di armamento nucleare; sul piano politico, il governo di Washington usò ripetutamente il diritto di veto per bloccare risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu (contro l'annessione strisciante dei Territori occupati, le rappresaglie nei confronti dei guerriglieri palestinesi, le incursioni militari in Libano e la repressione dell'intifada). PASSI VERSO LA PACE. La guerra scoppiata nel 1973 causò la caduta del governo di Golda Meir, travolto dalle polemiche sull'attacco siro-egiziano che aveva colto impreparate le forze armate; cominciò così la stagione (1977-1984) dei governi di destra, sotto la guida di M. Begin che si impegnò nella guerra in Libano. L'insuccesso elettorale lo costrinse ad accettare governi di unità nazionale caratterizzati da una macchinosa alternanza tra S. Peres e Y. Shamir nella carica di primo ministro; l'esperimento naufragò dopo l'inizio dell'intifada, che accentuò le tensioni in seno al governo e cominciò a privare Israele dell'automatico sostegno politico statunitense. Nel giugno 1992 fu eletto un nuovo governo guidato dal laburista Y. Rabin, che, appoggiato dalla sinistra non comunista e da esponenti dei partiti religiosi, accettava faticose trattative di pace con l'Olp tramite i rappresentanti dei Territori occupati. Questa svolta politica portò a un netto miglioramento dei rapporti con il governo di Washington che alla fine del 1992 approvò nuovi finanziamenti. ![]() A. Eban, Storia del popolo ebraico, Mondadori, Milano 1971; N. Garribba, Lo Stato di Israele, Editori Riuniti, Roma 1983; M. Rodinson, Israele e il rifiuto arabo. Settantacinque anni di storia, Einaudi, Torino 1968; N. Weinstock, Storia del sionismo, Samonà e Savelli, Roma 1970. |
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